A che punto siamo con l’odio in Italia?

Il 17 Maggio è stata la giornata contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia. Stabilita dal Parlamento Europeo, questa giornata invita alla riflessione rispetto all’odio nei confronti delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+.

Ma a che punto siamo in Italia con tutti questi paroloni?
Prima di tutto, sarebbe utile spiegare che tutte le parole che terminano con ‘’fobia’’ portano con sé il significato di ‘’paura di qualcosa’’. La paura, praticamente, delle persone gay o trans. La paura verso coloro che rompono la norma, la superano e si accingono a sovvertirla.
Ecco questo odio da dove nasce, dalla paura che il sistema sociale possa essere diverso, non più riconoscibile e quindi difficile da individuare e catalogare.

Sappiamo bene che purtroppo il contesto italiano non è mai stato così propenso ad accettare ed accogliere la comunità LGBTQIA+ nonostante le enormi battaglie che sono state storicamente riconosciute come rivoluzionarie.
Ricordiamo Mario Mieli e il suo impegno nello sdoganare l’essere omosessuale e il riconoscersi come tale. Ricordiamo lu* travestitu* che hanno caratterizzato le vie di Napoli; i femminielli con ‘’la iuta a Montevergine’’ e tutto il rito di accompagnamento del parto, del matrimonio ecc…
Ricordiamo il movimento NUDM (Non Una Di Meno) e le battaglie che il transfemminismo oggi fa per la comunità LGBTQIA+.
Tutta una serie di azioni e operazioni sociali che avrebbero dovuto avere un impatto decisamente più forte sulla società tutta e invece l’Italia ancora resiste –rivendicandoselo – al cambiamento.
Un esempio è proprio il DDL Zan, affossato lo scorso anno. Un disegno di legge che avrebbe dovuto tutelare la comunità LGBTQIA+ e che si poneva perfettamente in linea con i tempi e le necessità che la comunità richiedeva.
Il fatto che questo sia fallito ma che, allo stesso tempo, ci si stia mobilitando per riproporlo la dice lunga sulla fiducia che tutt* noi riponiamo nella classe politica di questo paese.
La verità è che in questa giornata in cui dovremmo ricordarci che odiare non serve a niente e che i diritti non sono opinioni, sarebbe utili che questa ci aiutasse anche a riflettere sulle nostre quotidiane azioni.

‘’Io amo i gay ma…’’ è già problematico di per sé. Dovremmo chiederci di più cosa possiamo fare per la nostra comunità, per i nostri amici, per i nostri parenti che hanno difficoltà a fare coming out per esempio o che si vedono tolti i diritti fondamentali come la libertà di creare una famiglia, baciarsi per strada, tenersi per mano.
Questa giornata dovrebbe farci riflettere più che sull’odio omobilesbotransfobico, sulla modalità con cui implicitamente odiamo senza nemmeno accorgercene.
Il nostro odio introiettato è presente e visibile e, forse, lavorare su questo potrebbe essere utile per capire dove siamo e dove possiamo arrivare.
Partire dalle piccole cose, per esempio evitare di feticizzare atteggiamenti e comportamenti della comunità gay ma provando ad entrarvi in contatto.
Cercare di aiutare coloro che sono in difficoltà, soprattutto quando vediamo che stanno subendo un sopruso, un abuso, o stanno semplicemente passando un momento delicato.
Mi piace pensare che la gentilezza salverà il mondo e che l’amore ci porterà ad avere più consapevolezza verso il prossimo, ma prima che questo avvenga dobbiamo partire da noi stess. L’Italia non è un paese accogliente e per questo dobbiamo creare più reti possibili. Se conosci qualcun che sta vivendo situazioni di difficoltà o di odio non esitare a tendergli una mano, a contattare l’associazione più vicina, a mostrargli il tuo aiuto.
Se non ti esponi, se non dici la tua, hai già scelto da che parte stare.

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